Ilaria Massariol • graphic designer - post producer
 
Viaggiare da sola mi ha reso libera —

Viaggiare da sola mi ha reso libera —

I viaggi in solitaria hanno tutto un altro sapore, rispetto ai viaggi di coppia o di gruppo.

Sono sempre stata una persona timida e insicura, perciò se volevo viaggiare mi affidavo sempre a una persona di fiducia (all’epoca) per visitare insieme città, musei, ammirare paesaggi montani… altrimenti, restava un sogno per il futuro. La paura di realizzare da sola questi progetti mi ha sempre bloccata, perché non credevo di farcela: organizzare un viaggio richiede non solo soldi, ma bisogna anche prevedere le tempistiche di arrivo da un luogo ad un altro, riuscire a colloquiare in una seconda o terza lingua, costruire un itinerario concreto e fattibile.

Organizzare un viaggio richiede tempo, energie e soldi, ma sicuramente anche tanta voglia di esplorare e conoscere cose nuove.

È triste a pensarci, ma fu l’amore ha bloccarmi soprattutto: la persona con cui stavo fino a pochi mesi fa, era sempre tanto impegnata, e non c’era modo di organizzare mete o viaggi che andassero bene a entrambi. Ovviamente, in periodo estivo di ferie, riuscivamo a prenderci una settimana per andare in vacanza insieme, ma non sono sempre finite molto bene. Ho sempre desiderato andare a vedere tanti luoghi nel mondo, ma non riuscivo a pensare di prendere i bagagli e partire da sola lasciando il mio compagno a casa; inoltre, se osavo pensarlo, bisogna dire, sempre senza cattiveria, che ci impiegava pochi secondi a farmi sentire in colpa perché non lo includevo nei miei progetti.

Ora a mente lucida, direi alla me del passato che non doveva sentirsi in colpa: le direi che se lui era così attaccato al lavoro e alla sua routine, valeva la pena prendere i bagagli e partire lasciandolo indietro. Perché viaggiare da sola mi ha dato la libertà di cui avevo bisogno.

All’inizio ero spaventata, com’è giusto che sia. L’idea di prendere un treno e creare un percorso da sola, mi spaventava. Ero sola, senza più un compagno né amici, tutto perduto nell’arco di pochi giorni.

La solitudine è una vecchia amica che mi accompagna da anni. Una compagna che pensavo di essermi lasciata indietro una volta aver trovato degli amici e un compagno. Tutto ciò mi ha dimostrato due cose:

  • Primo, che mi sono fidata delle persone sbagliate. Perché mi hanno lasciata indietro, senza rendersi conto del male che mi hanno causato e delle ferite che hanno riaperto involontariamente.
  • Secondo, che la solitudine non ti abbandona mai: è una sensazione che sarà sempre presente, volenti o nolenti, e anche se impari ad accettarla lei sarà ogni giorno più forte e pesate da sopportare.

Sapete, la difficoltà di affrontare la solitudine non è abituarsi alla condizione, ma convincersi. Perché una volta che hai capito di essere solo, capisci anche che per mutare questa situazione devi alzarti e fare in modo che cambi, perché tu lo vuoi.

La mia reazione alla solitudine è stata prendere un biglietto di andata e ritorno per Lucca alle 21:00 del 14 Settembre. Non sapevo cosa sarebbe successo. Sapevo solo che dovevo cambiare aria. L’unica mia certezza era un treno di partenza alle 7:00 il 15 Settembre e un treno di ritorno il 17 Settembre alle 18:20.

Fu un terno all’otto: scoprire se sarei tornata vincitrice o no. Volevo ritrovare me stessa, scoprire se fossi abbastanza forte da reagire a tutto quello che mi era capitato da Marzo a oltranza.

Sul treno avevo parecchi pensieri che mi offuscavano la vista: sarebbe stato sicuro, con una pandemia mondiale? Sarei stata in grado di farcela da sola?

Su Instagram ricevetti tantissimi messaggi di incoraggiamento e ammirazione, e quasi mi vergognavo perché nella mia testa non stavo facendo nulla di eclatante. Ma da questi semplici messaggi, mi resi conto che quello che stavo facendo era una cosa importante e che non tutti avrebbero fatto. Nelle 8h di viaggio che affrontai, e tra i vari cambi di treno con una valigia mezza rotta, i miei pensieri erano per il mio futuro.

Avevo pianificato quasi tutto, perché non mi piace affrontare la vita senza un piano: mi sarei laureata, avrei trovato lavoro, sarei andata a convivere e sarei stata felice. Quanto ero stupida.

Non bisogna pianificare tutto nella vita, perché se anche solo un tassello cade, crolla tutto il castello.

In una società che ti impone di avere già un piano per il futuro, avere una risposta certa risulta difficile quando improvvisamente ti è caduto il mondo addosso e quello che avevi programmato non è più certo.

Perciò, l’idea di arrivare a Lucca da mia nonna mi portava a pensare solo una cosa: “Cosa farai una volta arrivata?”.

Ho cominciato a pensare che per una volta nella mia vita, avrei potuto non avere una risposta. Che per una volta avrei potuto fare le cose in modo diverso, improvvisate. Vivere alla giornata.

Quando arrivai alla stazione di Lucca, la prima cosa a cui feci caso fu la luce del sole: calda, accogliente. Per farmi largo tra la folla, feci caso agli accenti delle persone: la cadenza toscana era inconfondibile, e mi fece sorridere senza che lo volessi. Quando uscii dalla stazione, l’immagine delle mura di Lucca mi si stagliò di fronte, e fu beatitudine: ero a casa.

Nell’attesa della navetta che mi avrebbe portato a casa di mia nonna, ricordo la cordialità di un anziano signore che riconoscendo il mio accento veneto si mise a raccontarmi di una sua vecchia fiamma a Vicenza e di come gli piaceva stare assieme a lei, dei bei ricordi che ancora conservava, e dei buona cucina del nord. I suoi racconti mi fecero affiorare le lacrime agli occhi, ma fui ben attenta a nasconderle e gli offrì un gran sorriso ringraziandolo della compagnia. Salita sulla navetta, ci vollero pochi minuti per arrivare da mia nonna e finalmente riabbracciarla dopo tanto tempo.

Misi la valigia nella mia stanza e dato che mia nonna aveva delle commissioni da fare, ne approfittai per girare la mia bella Lucca alle luci del tramonto: non mi perderò lunghi discorsi per spiegarvi quanto sia bella Lucca, di quanto in autunno abbia un fascino tutto suo e delle sensazioni che ogni volta mi fa riaffiorare. Vi lascio il mio blog per questo [https://www.massariol.it/viaggi/lucca/].

Vi dirò solo che sedermi sulle mura e mirare il cielo mutare in varie striature di lilla, rosso, oro e infine azzurro… fu ciò che mi serviva per respirare. Ne avevo bisogno.

Dopo una doccia rigenerante e una meravigliosa cena, mi accoccolai a letto sfinita dal viaggio e presi subito in mano il telefono per controllare degli orari su Trenitalia: avevo una meta che mi balenava per la mente. Controllai orari e biglietti… Mi alzai dal letto e andai da mia nonna a dirle: “Domani alle 7:00 prendo un treno per Siena, non so a che ora torno. Non aspettarmi per cena”.

E così feci.

Preparai uno zaino con le cose essenziali per una giornata, mi infilai a letto… E non riuscii a dormire. L’impazienza di quel gesto avventato mi ha dato una scarica di adrenalina che non mi permise di rilassarmi. Quelle poche ore che riuscii a dormire però furono sufficienti per riprendermi. Alle 6:00 ero già in piedi scattante, pronta a bermi un caffè. In bagno mi lavai la faccia e mi truccai quel tanto che bastava per togliermi le occhiaie e rendermi presentabile. Salutai nonna e corsi verso la stazione, di nuovo.

Mi sedetti su una panchina ai lati del binario, ero in anticipo di venti minuti. Le luci dell’alba mi illuminarono il viso. Misi le cuffie nelle orecchie e lasciai che Spotify mettesse una canzone random.

The Cinematic Orchestra – To Build a Home

“There is a house built out of stone
Wooden floors, walls and window sills
Tables and chairs worn by all of the dust
This is a place where I don’t feel alone
This is the place where I feel at home

[…]”

Salita in treno, cominciai la mia avventura.

Vi racconterei di quanto è bello potersi sedere lungo i lati di Piazza del Campo al calar del sole; di quanto sia faticoso salire e discendere le contrade che circondano quella che è la città famosa per il suo Palio; di quanto sia maestoso il Duomo e di quanto meriti visitarne l’interno per i marmi decorativi lungo la navata centrale e per la Libreria Piccolomini; di quanto la cucina toscana sia deliziosa, e della cordialità dei suoi abitanti. Vi vorrei raccontare tante cose, ma mi limiterò a rivelarvi quanto io mi sia sentita libera e felice.

Quel giorno, non avevo più paura. Quel giorno, volevo vivere. Volevo vivere questa vita così bella e preziosa, ed ero così grata dell’opportunità che mi era stata data che non riuscivo a smettere di sorridere. Quel giorno, non avevo più paura. Fu come una medicina: quel bisogno di libertà era necessario per farmi sentire di nuovo viva.

Fu quindi un impulso necessario e ovvio quando sul treno di ritorno per Lucca alle 21:20 decisi di tornare sul sito di Trenitalia. Ricordo l’espressione confusa di mia nonna quando le dissi al mio arrivo: “Domani mi alzo presto per andare a Firenze, e da lì cambio il biglietto per tornare direttamente a casa”.

Mi dispiaceva lasciare così d’improvviso mia nonna, ma lei sapeva quanto mi servisse: mi ha compreso sin da subito, e l’adoro per questo. Ci siamo concesse una seconda cena per stare più tempo insieme, abbiamo guardato la televisione e poi ci siamo coricate.

Preparare la valigia di nuovo mi fece strano: non mi aspettavo di doverla già preparare dopo solo un giorno, ma allo stesso tempo ero sempre più entusiasta. Quella sera fissai il mio riflesso alla finestra, e ricordo di aver pensato: “È questo quello che ti meritavi da una vita”.

Alle 6:00 ero di nuovo in piedi attiva, pronta col mio caffè e il mio trucco perfetto. Ero pronta per una nuova avventura. Con la valigia fu più complesso e lungo raggiungere la stazione, ma arrivai comunque in anticipo.

Something Just Like This – The Chainsmokers & Coldplay

“I’ve been reading books of old
The legends and the myths
Achilles and his gold
Hercules and his gifts
Spiderman’s control
And Batman with his fists
And clearly I don’t see myself upon that list

But she said, where’d you wanna go?
How much you wanna risk?
I’m not looking for somebody
With some superhuman gifts
Some superhero
Some fairytale bliss
Just something I can turn to
Somebody I can kiss

I want something just like this

[…]”

Ricordo che quando rividi davanti a me la cupola del Brunelleschi, le lacrime mi scesero senza che io potessi controllarle. Firenze è la città che mi ha fatto amare l’arte, la patria degli artisti italiani, il museo a cielo aperto dell’arte.

Passere giornate intere della mia vita lungo i corridoi degli Uffizi e ad ammirare i capolavori all’interno delle Gallerie dell’Accademia, e ancor più adoro stare al centro di tanta arte che gira per le strade: basti solo pensare alla Loggia dei Lanzi e all’architettura del periodo Rinascimentale che adorna come un gioiello il capoluogo toscano.

Essere in quel luogo, ammirare il sole splendere da Ponte Vecchio e vedere la luce luccicare riflessa sul telo dell’Arno, fu estasi pura. Ricordo che rimasi a contemplare quella luce a lungo, e le lacrime tornarono a rigare le mie guance ormai stanche di essere sollevate dai tanti sorrisi. Per ammirare la bella Firenze dall’alto, vi consiglio due punti panoramici: Giardino Barnini e il Giardino delle Rose. La vista toglie ogni valore alle parole.

“Quando sento che mi prende la depressione, torno a Firenze a guardare la cupola del Brunelleschi: se il genio dell’uomo è arrivato a tanto, allora anche io posso e devo provare a creare, agire, vivere”

– Franco Zeffirelli

Quanto aveva ragione, Zeffirelli.

Firenze è una città accogliente e confortevole, ogni volta che la vedi ti si riempiono gli occhi di meraviglia e magia. E io ho la lacrima facile. Salire i gradini della Chiesa di Santa Maria del Fiore, percorrere tutti i 463 scalini di pietra per mirare la città dall’alto della creazione di Brunelleschi: volevo semplicemente immergermi per qualche ora nella beatitudine della bellezza che emana Firenze.

Quest’esperienza mi ha fatto capire quanto sia preziosa la vita, e che non vale la pena sprecarla rimanendo rinchiusi in casa con la paura di tentare. La vita è fatto cadute costanti, ma se non ci si prova non si sbaglia mai e di conseguenza non si avrà mai la possibilità di esplorare, imparare, vivere davvero. Quella sera quando presi il treno diretto per Padova, non feci altro che pensare a quanto stavo per perdere se non avessi trovato il coraggio di terminare una relazione tossica e di stare da sola.

“Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”.

Stendhal, mentre descrive quella che è comunemente chiamata la Sindrome di Stendhal

Ormai ho compreso che stare da soli a volte non è un male: significa amarsi, avere cura di sé e dei propri sogni. Io sognavo di essere felice, indipendente e di viaggiare. Ora posso, e sto imparando tutto questo a piccoli passi, senza fretta. Perché se vuoi qualcosa, non aspettare i tempi degli altri. Parti, rischia, prendi treni all’ultimo minuto e perditi per le strade senza una meta, scopri, appassionati, goditi ogni attimo.

La vita è una sola. È solo l’inizio di una grande avventura.

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